Così cambierà la vita in fabbrica. La giornata di un operaio della Fiat a Pomigliano
di Paolo Bricco
Antonio Vernillo è un operaio della Fiat di Pomigliano d’Arco. Abbiamo immaginato insieme a lui cosa potrebbe succedere nell’autunno dell’anno prossimo, con la produzione della Panda a regime e l’attuazione dei cambiamenti organizzativi concordati fra azienda e sindacati, qualora questi fossero approvati dal referendum dei lavoratori del prossimo 22 giugno
Antonio Vernillo, 47 anni, si stropiccia gli occhi al suono della sveglia puntata sulle 4 e 50 del mattino. Alzarsi a quest’ora è impegnativo, niente da dire. Soprattutto se è sabato.
Le cose alla Fiat di Pomigliano si sono messe bene. È il novembre del 2011. Da qualche mese nella linea di Antonio non si montano più i vecchi modelli Alfa, ma viene realizzata la Panda, prodotta qui anziché in Polonia. Quattro giorni fa Antonio ha ricevuto la richiesta di lavorare di sabato, per uno straordinario che rientra nel monte di 120 ore all’anno concordato fra azienda e sindacati, 80 in più dell’era pre Marchionne. «Certo che ho detto di sì al mio caposquadra, ho fatto più di due anni di cassa integrazione a 800 euro al mese, con gli straordinari vado sopra i 1.300 euro netti», spiega mentre beve il caffè che la moglie Raffaella gli ha preparato, condividendo con lui le luci basse delle prime ore del mattino. Nella stanza accanto Mattia, di 9 anni, e Fabrizio di 13 dormono ancora.
Antonio sale sulla macchina alle 5,20 e, nei dieci minuti di strada che ci separano dalla fabbrica, fa due conti: «Nei mesi più brutti, se non fosse stato per l’aiuto economico di mia madre Maria e di mia sorella Rosa…altro che quarta settimana…con due figli a scuola, i problemi li avevamo già alla seconda». Alle 6 è in linea, in uno spazio ridisegnato dai criteri logistico-organizzativi del World Class Manufacturing e del sistema Ergo Uas, che già hanno riconfigurato i profili delle fabbriche del gruppo Fiat-Chrysler. Metodi che ha appreso durante i corsi di formazione organizzati dall’azienda negli ultimi mesi di cig. «Stiamo imparando ad applicarli bene. Certo, adesso le pause sono passate da due di venti minuti a tre di dieci minuti…», sorride mentre alle 10 va alla macchinetta del caffè, che non sarà quello di Raffaella, ma non è poi tanto male.
All’una e mezza, un po’ provato e con la fame di chi in tutta la mattinata ha sgranocchiato soltanto un pacchetto di cracker, si dirige verso la mensa. Prima dell’accordo fra Fiat e sindacati, la pausa pranzo per il primo turno iniziava alle 10,30 e si concludeva alle 13. Adesso a mangiare si va a fine turno, sempre e comunque nell’ultima mezz’ora della giornata di lavoro, anche per provare a recuperare ogni briciola di produttività e per evitare ogni genere di dispersione professionale, in uno stabilimento che – dopo il periodo dell’Iri in cui il sindacalismo pseudorivoluzionario faceva il paio con il clientelarismo democristiano e gli influssi della malavita – nemmeno sotto il controllo della Fiat è mai stato un esempio di efficienza e di disciplina. A questo punto l’operaio metalmeccanico Antonio Vernillo esce dalla fabbrica e torna a casa, una abitazione più che dignitosa nel centro storico di Pomigliano, i muri che confinano con la Chiesa del Carmine. E, dopo avere aiutato il piccolo Mattia a fare i compiti, cede alla stanchezza e si butta sul letto, per riposarsi. Tre quarti d’ora e la moglie lo chiama. C’è da andare alla Parrocchia di San Felice in Princis dove Don Peppino Gambardella, negli anni 60 vicino all’esperienza dei preti operai e oggi il sacerdote più vicino ai dipendenti della Fiat, ha dato vita all’Osservatorio sulla politica e sulla legalità, in una cittadina che non è soltanto industria. Antonio è uno dei quindici parrocchiani che organizzano incontri e conferenze: «La cosa più bella è stata ospitare Padre Alex Zanotelli. Ci piacerebbe tanto avere un giorno Roberto Saviano», spiega.
Alla sera di sabato, cena a casa Vernillo. Semplice semplice. Altro che ristorante. «Mica i problemi sono finiti – dice – abbiamo comunque il mutuo di duecento euro da pagare ogni mese per i lavori di ristrutturazione della casa. La mia famiglia non è mai finita con la faccia sott’acqua, ma sapesse quanti colleghi di Pomigliano hanno conosciuto amici degli amici in grado di fare un piccolo prestito… e che alla fine sono caduti nelle mani degli usurai».
Una volta, Antonio partecipava al rito di civiltà tutta partenopea del “caffè pagato”: bevi un caffè e ne paghi due, qualcuno che non ha i soldi entrerà nel bar dopo di te domandando se qualcuno ha lasciato appunto un “caffè pagato” e, in uno scambio fra sconosciuti, lo berrà. «Macché “caffè pagato” – afferma con malinconia – per lungo tempo non ho nemmeno potuto offrirlo agli amici, altro che agli sconosciuti».
La domenica, assorbita la fatica delle sette ore e mezza di lavoro del giorno precedente, Antonio si alza riposato, fa colazione con la moglie e i figli. Tutti insieme vanno alla messa di mezzogiorno. A pranzo, i quattro mangiano maccheroni e mozzarelle fresche e, in un pomeriggio di autunno inoltrato, vanno a godersi il filo di tepore che filtra dalle nuvole autunnali al parco della Villa Comunale Papa Giovanni Paolo II.
Questa sera, però, bisogna andare a letto presto. Domani, lunedì, per la prima volta Antonio Vernillo metalmeccanico affronta il turno di notte, il vero punto di discontinuità organizzativa che la Fiat ha concordato con i sindacati. A Pomigliano si era sempre lavorato su due turni. Melfi è da quindici anni su tre, come anche la Sevel in Val di Sangro. Adesso, nello stabilimento campano, si è passati a tre: una settimana lavori al mattino, una al pomeriggio e la terza di notte. Antonio è preoccupato. Non sarà una cosa semplice. «Ne ho parlato con mio cognato Antonio – spiega – lui qui a Pomigliano sta all’Avio, il gruppo aerospaziale. Fa da sempre i tre turni. Dice che la cosa è complicata, ma si può fare: nella settimana in cui gli tocca lavora di notte, al mattino resta sveglio e dorme di pomeriggio. Vediamo io come reagirò».
Al mattino del lunedì, il nostro Antonio si alza con tutta calma e segue i consigli del cognato Antonio. Cerca di sbrigare tutte le commissioni possibili insieme alla moglie Raffaella. Insieme vanno a pagare le bollette, ci sono delle multe da saldare, bisogna fare la spesa grossa per la settimana all’ipermercato e servono il pane fresco e il latte per oggi. Nel pomeriggio, Antonio si corica e cerca di prendere sonno, anche se sonno non ha. Alle otto e mezza di sera Raffaella entra piano nella stanza ma lo trova già sveglio. Alle nove Antonio prende la macchina e torna allo stabilimento, dove il turno inizia alle 22. Passata la mezzanotte, in una delle sue pause, di caffè alla macchinetta ne beve due, perché lavorare è felice di lavorare, però dura è dura.
Al termine di una notte trascorsa a montare Panda Antonio va in mensa e, alle cinque e mezza del mattino, per rimediare alla fatica riempie il corpo di calorie ingollandosi una tazzona di latte caldo, con i biscotti spalmati di burro e di marmellata. A quel punto, con le prime luci torna a casa. Aiuta Mattia a preparare la cartella e lo accompagna a piedi alla scuola elementare Frasso, vicino a Piazza Primavera.
Il Sole 24 ore – 16 giugno 2010