4. La Factory che non c’è
4. La Factory che non c’è
Negli ultimi anni abbiamo assistito a varie modifiche dell’organizzazione produttiva aziendale ma è indubbio che, in quest’ambito, le principali incertezze riguardino la ISI (Ingegneria dei Sistemi Informativi), meglio nota come Factory.
La ISI è stata costituita formalmente a marzo 2011, poco dopo l’assunzione di Andrea Mori che era stato chiamato appositamente in Almaviva per avviare e dirigere la nuova struttura, mettendo a frutto analoghe esperienze maturate in altre aziende.
All’inizio la ISI faceva parte della Divisione IT, era articolata in aree operative (distinte per competenze tecnologiche e denominate Competence Center), con la responsabilità di erogare servizi specialistici alle Business Unit garantendo (a) costi, tempi e qualità dei servizi, (b) standardizzazione dei processi di ingegnerizzazione del sw, (c) sviluppo delle competenze delle risorse.
In realtà la struttura, a cui erano state assegnate (virtualmente) più di 400 risorse, peraltro con criteri poco trasparenti e spesso discutibili, era riuscita ad attivare solo alcuni progetti pilota che coinvolgevano poche decine di persone.
Né la progressiva espansione (ingresso risorse ex Finance ed ex Tsf) né i successivi cambiamenti di nome (Development, Ingegneria del sw), di responsabilità nel processo (anche analisi funzionale) e di collocazione (dalla Divisione IT/Amati alla Direzione ICT/Saracino) hanno modificato la situazione in modo significativo. I Competence Center, la cui articolazione è stata modificata varie volte, non hanno mai saputo/potuto assolvere efficacemente al proprio ruolo. Da pochi mesi, dopo le dimissioni di Andrea Mori, la responsabilità della struttura è passata a Giuseppe Conigliaro.
È stata evidente la resistenza delle BU/Operations:
- a cedere concretamente le proprie risorse alla Factory;
- ad assegnare le risorse alla Factory in base alla corretta valutazione degli skill professionali;
- a modificare/adattare la propria organizzazione in funzione della diversa articolazione.
Oggi, mentre da un lato la maggior parte delle risorse assegnate (virtualmente) alla Factory, essendo rimaste nei progetti di origine, continua a lavorare nello stesso modo in cui lavorava due anni fa, dall’altro le persone effettivamente inserite in gruppi che seguono gli standard del processo ingegnerizzato sono sottoposte a carichi di lavoro sempre meno sostenibili.
In definitiva, dopo quasi due anni, la Factory non ha ancora definito, né tanto meno consolidato, il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione aziendale. La mancanza di una strategia chiara, condivisa e supportata da tutta l’azienda rischia di provocare un fallimento simile a quello di altri analoghi tentativi degli anni passati.
Tra l’altro tutto questo ha generato due fenomeni collegati: il fatto che persone che svolgono lo stesso lavoro all’interno dello stesso gruppo sono soggette a diversi trattamenti di CdS e il conseguente mancato risparmio per l’azienda di quasi un milione di euro da quando è in vigore l’accordo di solidarietà.
Sono queste le prime questioni da risolvere se si vuole rilanciare Almaviva.
L’azienda rinunci agli atti unilaterali e riapra la trattativa!
Roma, 5 febbraio 2013 Coordinamento RSU Almaviva