Lettera di una lavoratrice Almaviva
Gentili colleghi,
il giorno dopo il referendum sull’ipotesi di accordo con l’azienda mi trovo a dovervi scrivere per un atto di onestà nei miei e nei vostri confronti.
Ho aspettato fino all’ultimo per votare e con grande sforzo ho votato sì all’accordo.
Le motivazioni che mi hanno condotto a farlo sono state che non avevo espresso pubblicamente il mio dissenso in assemblea, che pensavo di non poter sottovalutare il grande patrimonio che abbiamo nella nostra rappresentanza sindacale che pure costituisce un argine all’arbitrarietà aziendale ed un punto di forte difesa dei lavoratori. Ho pensato anche all’incognita che ci sarebbe stata se i no avessero riscosso la maggioranza.
Forse è stato proprio questo che mi ha spaventata e mi ha fatto pensare di dovermi assumere la responsabilità di un voto positivo.
Ma mi trovo qui a dover fare i conti con la mia coscienza. Con il mio passato di militante di sinistra e a dover riconoscere che al di là di tutto, ciò che si dovrebbe fare è, innanzitutto, essere onesti con sé stessi e non aver paura del proprio pensiero.
E credo che per affermare ciò sia necessario espormi alla vostra legittima critica.
I dubbi che rispetto a questo accordo devo esprimere sono che non abbiamo neanche verificato la possibilità di contrastare l’azienda per cercare l’effettivo punto di rottura che si poteva raggiungere e ciò che non posso accettare per cultura è che noi non possiamo considerarci parte dell’azienda non in conflitto oggettivo con la proprietà.
E’ per questi motivi che ritiro pubblicamente, per quello che può valere, la mia adesione all’accordo dichiarandomene contraria e cercando, per quello che mi riguarda, di fare un passo avanti nell’avere coraggio nel manifestare il mio pensiero e di esserne il più possibile coerente nella quotidianità aziendale.
Vi ringrazio per la pazienza che avrete di leggermi; inoltro questa mia a Marco Onorati affinchè, in qualità di rappresentante RSU, la renda pubblica.
Roma 24-03-2013 Elvira Tanucci